In data Wed, 17 Sep 2003 20:12:25 GMT, bqanto ha scritto sul newsgroup
Post by bqantoC'era una volta il creazionismo. Parliamo dei tempi precedenti a
Darwin, quando la risposta alla domanda: "com'è nato l'uomo? com'è
nata la Terra? com'è nato il mondo?" era solo una: la Bibbia
Questo accade quando si rimane prigionieri della cultura monoteistica
oggi dominante in occidente, ma se riusciamo a guardare un po' piu' in
la', vediamo che non c'e' solo la Bibbia...;-)
Il problema esistenziale e' certo un punto cruciale della nostra
conoscenza, irrisolto e probabilmente irrisolvibile, a meno di
accettare posizioni religiose basate sulla fede incondizionata e
rinunciando quindi ad avvalerci della nostra facolta' della ragione.
In ogni caso ormai anche nella cultura occidentale monoteista le
ipotesi creazionista ed evoluzionista convivono abbastanza
pacificamente, dal momento che si ammette che l'una non esclude
pregiudizialmente l'altra.
L'Uomo, infatti, potrebbe benissimo essere stato creato in un momento
molto lontano nel tempo e poi essersi successivamente evoluto, come
d'altronde noi tutt'oggi constatiamo che continua ad evolversi al pari
della natura che ci circonda e dell'universo intero...;-)
Nell'intento di fare cosa gradita ai lettori del newsgroup, riporto
qui di seguito due capitoli del mio testo "Endogenesi": il nr. XX ed
il numero XIX°, nei quali ho cercato di rispondere in modo sintetico
alla domanda posta dal problema esistenziale.
Mentre il XX° capitolo prende in esame esclusivamente il punto di
vista del monoteismo occidentale, nel capitolo XIX° viene comparata la
rappresentazione dell'arcano della vita sia dal punto di vista della
tradizione occidentale del libro dei "Tarocchi" sia di quella
orientale a del libro dei mutamenti "I King".
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capitolo XX°
<Domanda> "....come risponde l'Endogenesi alla domanda che da sempre
l'Uomo si pone nei confronti del proprio problema esistenziale? Da
dove veniamo e dove andiamo ?"
<Risposta> Ovviamente non ci sono risposte razionali esaustive del
problema; quelle religioni che propongono la sua soluzione in modo
demiurgico ponendo, a monte di esso, l'esistenza di un Dio creatore ma
non creato, richiedono rigorosamente una fede incondizionata e non
servono a placare la sete di conoscenza, insita in ogni Uomo, che sta
all'origine del problema esistenziale.
Queste religioni, dal momento che sono basate sulla fede e non sulla
ragione, sono ben lungi dal dare una risposta comprensibile al
problema esistenziale, limitandosi a tagliare corto nel processo
causale a ritroso della ricerca delle nostre origini, processo che
accettano di percorrere solo fino ad un certo punto, secondo quanto
tramandato nei sacri testi alla base di ciascuna religione.
Queste religioni di fatto accettano, da un certo punto del processo in
poi, l'abiura alla ragione e la rinuncia a continuare il percorso a
ritroso delle proprie origini, nel momento in cui rinunciano a
rispondere e lasciano irrisolta quella cruciale domanda che si pone
sempre nello stesso modo: "E chi ha creato Dio?".
Questa domanda è sempre stata senza risposta!
La soluzione demiurgica non è quindi una soluzione comprensibile e non
placa l'eventuale desiderio di comprendere le nostre origini.
L'Endogenesi pur ammettendo quest'incapacità, intrinseca all'Uomo, a
risolvere il problema esistenziale in assoluto ed una volta per tutte,
pur mantenendomi aperto ad ogni soluzione quando essa possa essere
compresa anche razionalmente, non ricorrerei ad una soluzione di tipo
demiurgica e fideistica, ma proporrei un orientamento razionale
diverso verso cui dirigere la propria mente, un equilibrio fra ciò che
è razionalmente comprensibile nel merito della nostra esistenza e ciò
che, pur non essendo comprensibile, costituisce comunque un dato di
fatto innegabile e di cui è necessario prendere atto.
In questo senso mi propongo di dare un senso razionale alla nostra
esistenza e di rispondere per quanto possibile al problema
esistenziale, invitando a non orientare la mente verso un percorso
causale a ritroso nella ricerca delle nostre origini, dal momento che
noi attualmente non dobbiamo preoccuparci in modo imperativo e
necessitante della ragione della nostra nascita nè di quella dei
nostri progenitori (nulla possiamo infatti, retroattivamente, in
merito a questi fatti già avvenuti ed incontrovertibili) ma semmai
dovremmo meglio preoccuparci di dove stiamo andando, della nostra
sorte finale e della sorte finale dell'umanità più in generale…!
A questo proposito a me pare che una delle poche indiscutibili
certezze che l'Uomo possa ragionevolmente avere, forse a lungo termine
ma forse anche in temi più ravvicinati, sia che se l'Umanità non vuole
scomparire in un futuro più o meno lontano, dovrà essere in grado di
migrare dal pianeta terra, verso un altro pianeta che possa ospitare
una forma di vita compatibile con la biologia umana.
Si potrà forse anche discutere sul "come" e "quando" l'Uomo sia
comparso sulla terra e su di essa si sia evoluto (od involuto), ma mi
pare indiscutibile ed indubitabile che l'Umanità tutta intera perirà
sicuramente e con certezza, se non avrà saputo sviluppare il know-how
e la tecnologia necessaria a farla migrare dal pianeta terra, entro la
data in cui questo pianeta cesserà di esistere, vuoi per la morte
naturale del sistema solare con lo spegnimento spontaneo del sole,
vuoi per premorienza in tempi più ravvicinati, dovuta ad altri
fenomeni naturali, come ad esempio un impatto con corpi celesti di
dimensioni rilevanti in relazione alle dimensioni del pianeta terra.
In questo senso mi sento di esprimere la certezza che sicuramente
l'umanità si potrà salvare e potrà sopravvivere a se stessa solamente
migrando, attraverso un volo spaziale interstellare, sopra un altro
pianeta al di fuori di questo sistema solare ed in grado di ospitare
una forma di vita compatibile con la biologia umana!
Mi pare questa una ragionevole ed indiscutibile certezza, più o meno a
lungo termine, che dovrebbe dare un senso allo sforzo costante di
progresso scientifico e tecnologico che l'Uomo quotidianamente compie
per conoscere ed approfondire la conoscenza della realtà in cui è
immerso, che lo circonda e con cui interagisce.
Suggerirei quindi di orientare la nostra mente verso il nostro futuro
piuttosto che verso il nostro passato; non deve esservi una pretesa di
voler a tutti i costi spiegare le nostre origini, dal momento che
dovrebbe essere fuori di dubbio che l'Uomo, nascendo e morendo a
prescindere dalla sua volontà, non è in ogni caso artefice di se
stesso e della realtà che lo circonda.
Su questo fatto penso proprio che da un punto di vista razionale non
ci possano essere dubbi, sia nel caso l'Uomo abbia preso vita sulla
Terra casualmente sotto le forme di una vita biologica più elementare
di quella attuale e si sia poi evoluto da quelle forme di vita
inferiori fino all'attuale biologia e fisiologia (evoluzionismo
darwiniano), sia nel caso l'Uomo sia invece comparso sul pianeta terra
già formato come essere intelligente, risultato di una migrazione da
altre parti dell'Universo e dotato fin dall'inizio di un proprio
bagaglio di conoscenza, proveniente da una sua condizione di vita
precedente su un altro pianeta.
In quest'ultimo caso il mitico Adamo può forse anche rappresentare il
simbolo opposto all'evoluzionismo darwiniano, potendosi anche
intendere la comparsa dell'Uomo sul pianeta terra come il risultato
della migrazione sul nostro pianeta di una forma di vita intelligente
proveniente da altri mondi dell'Universo.
A me pare che le nostre religioni occidentali, in genere, pur non
esprimendosi in tal senso chiaramente, traggano comunque ispirazione
dall'ipotesi di tipo extraterrestre Top=>Down, simbolicamente
raffigurata da una vita intelligente trascendente e prescindente
l'esistenza del pianeta terra (il Dio assoluto preesistente e non
appartenente al mondo fisico terrestre) ed ipotizzino una caduta
improvvisa del know-how iniziale, probabilmente dovuta in questo caso
ad insormontate difficoltà nell'ambientazione con la natura del mondo
terrestre, l'adattamento al quale sarebbe avvenuto con brusche e
traumatiche modificazioni delle condizioni di vita preesistenti.
È quindi logico che man mano che si cercano delle testimonianze di
vita mediante un processo causale a ritroso nel tempo, si trovi
traccia, nella tradizione, che gli uomini non si stupissero
dell'esistenza di forme di vita superiori (identificate nel divino),
man mano che si risale ai tempi antichi e ci si avvicina ai tempi più
prossimi alla caduta, quando cioè era più forte il ricordo del
know-how posseduto e perduto.
Come spiegare diversamente l'ancestrale ed universale riconoscimento
dell'esistenza del divino (cioè dell'essere superiore) tramandato da
quasi tutte le civiltà antiche, oppure ad esempio la superba
manifestazione di know-how scientifico degli ingegneri egizi e
l'insistente coincidenza, nell'antichità, della veste regale con
quella divina se non come rappresentazione del ricordo di una forma di
vita superiore da cui l'Uomo proviene ed espressa dal concetto del
divino, così diffuso e così pacificamente accettato nell'antichità?
Per varie ragioni, probabilmente legate all'estreme difficoltà,
fors'anche di tipo biologico, di adattamento alla vita sul nostro
pianeta da parte dell'Uomo comparso sulla terra proveniendo da altri
pianeti, questi ha perduto, via via con il passare del tempo durante
la sua quotidiana lotta per la sopravvivenza in un mondo non
completamente adatto a lui, molto del know-how iniziale e specialmente
moltissimo della sua applicazione concreta, non perdendo però
altrettanto velocemente la memoria storica di detto know-how, la cui
rimembranza si affaccia spesso sotto la forma del mito e della
rappresentazione della divinità.
Il simbolismo d'Adamo e del paradiso terrestre potrebbe anche
rappresentare l'avvento d'extraterrestri sul pianeta terra, che
potrebbe essere stato inizialmente popolato da individui con un
elevatissimo know-how delle leggi che regolano la vita dell'universo;
questi individui potrebbero essersi installati sul pianeta terra
dapprima in un ambiente scelto (il paradiso terrestre) fors'anche
mantenuto protetto in modo artificiale dal resto del pianeta.
Tale condizione, che in ipotesi riproduceva in modo ottimale le
condizioni di vita preesistenti degli umani di origine extraterrestre,
non riuscì evidentemente a mantenersi stabile nel tempo, a causa di
probabili scelte errate da parte di taluni appartenenti alla prima
ristretta comunità iniziale, che determinarono la famosa caduta con la
perdita improvvisa di elementi essenziali di utilizzazione ed
applicazione del know-how posseduto; da quel momento l'Uomo, sempre
meno extraterrestre e sempre più terrestre, non riuscì più a
riconquistare le posizioni perdute ed iniziò lentamente ed
inesorabilmente a subire le condizioni di vita imposte dall'ambiente
terrestre.
Si potrebbe spiegare così il fatto di constatare fra le società
antiche una conoscenza delle leggi naturali e cosmiche impensabili
oggi senza l'ausilio delle moderne tecnologie.
Insita in questa rappresentazione extraterrestre dell'origine
dell'Uomo sulla terra, mi pare anche l'esistenza di uno spirito
arcaico di sottomissione all'autorità degli avi; questa condizione mi
pare del tutto naturale nel caso dell'ipotesi extraterrestre,
necessitando l'Uomo, ora come già evidentemente allora, di ampie e
prolungate cure parenterali e di gruppo, che rendono l'organizzazione
gerarchica praticamente una condizione imperativa, in quanto essa è il
più efficiente modello per la trasmissione del know-how dalle vecchie
alle nuove generazioni, secondo il percorso tipico iniziatico
Top=>Down.
In origine, probabilmente, la sottomissione gerarchica non era neppure
sentita come un peso, in quanto è ipotizzabile che nel caso di esseri
provenienti da altri mondi e successivamente divenuti terrestri per
graduale familiarizzazione con l'ambiente esterno, fosse fortemente
sviluppato uno spirito di corpo elevatissimo, per ovvie esigenze di
sopravvivenza la quale poteva essere garantita solamente da una
compatta, ordinata ed efficiente organizzazione gerarchica, secondo il
livello di know-how di ciascun individuo, della sua capacità di
impiegarlo e di trasmetterlo.
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capitolo XIX°
<Domanda> "....Affermano che il libro della saggezza orientale "I
King" racchiuda in sé il segreto dell'universo; perché allora è usato
nella futile attività di interpretare il futuro nel gioco orientale
delle monetine?
<Risposta> Sia "I King" orientali che i "Tarocchi" occidentali sono
anche usati dal popolo come dei giochi divinatori oppure anche
semplicemente ludici; ciò conferma che in ogni tempo e sotto ogni
latitudine si è sempre concesso, per esigenza di divulgazione, di
giocare con il sacro e con i santi. Da che mondo è mondo,
evidentemente, sono sempre esistite le due facce della stessa
medaglia: quella più nobile e quella meno nobile.
L'"I King" è detto anche "Il libro dei mutamenti" perché in esso si
vuole dare una spiegazione del divenire e della molteplicità, partendo
dall'unità originaria immanente, che si scinde dapprima nei suoi due
elementi binari primari, da cui si originano a loro volta elementi più
complessi, risultanti dalla combinazione dei due elementi binari
fondamentali.
Si avvicina molto al concetto di partenogenesi.
Anche il libro dei Tarocchi si propone lo stesso fine e cioè quello di
fornire una rappresentazione essenziale e simbolica della realtà;
l'impostazione però risente della differente concezione del divenire
dell'universo, fra la cultura orientale e quella occidentale.
Infatti, il libro orientale parte da una concezione completamente
unitaria ed immanente dell'essere (il tratto unito) da cui genera e
trae origine il suo opposto (il tratto spezzato) successivamente
raggruppati in coppie di simboli binari fino ad arrivare alla
creazione del primo ottetto formato da quattro coppie di elementi
duali (interessante stretta analogia con il linguaggio informatico
binario dei computers), per poi passare a significati più complessi
con la creazione degli ottetti superiori, espressi non più per coppie
di simboli ma per terne e doppie terne, a partire dal primo ottetto
formato da otto terne fino al raggiungimento della costruzione
completa delle 64(8x8) doppie terne.
Parrebbe anche di scorgere, alla base di questa cabalistica
costruzione formata da terne, un implicito collegamento esoterico e
comunque sempre immanente, alla cabala sephirotica ebraica, secondo il
caratteristico principio del divenire rappresentato dall'uno e trino,
pur restando completamente differenti le due concezioni della realtà,
specialmente in riferimento all'assenza di un separato essere
trascendente nella rappresentazione orientale.
Il libro occidentale dei Tarocchi, invece, parrebbe risentire più
direttamente ed esplicitamente dell'influenza della cultura ebraica e
della relativa cabala sephirotica e non a caso a ciascuno degli arcani
maggiori è associata una lettera dell'alfabeto ebraico ed il numero
degli arcani maggiori esaurisce esattamente il numero delle lettere
dell'alfabeto ebraico.
Il libro occidentale dei Tarocchi non parte da un'entità unitaria
immanente, come il suo corrispondente orientale "I King", ma già nella
sua impostazione iniziale si divide nettamente in due parti; una parte
superiore (arcani maggiori) connessa alla parte spirituale e
trascendente dell'Uomo ed una inferiore (gli arcani minori),
immanente, collegata al suo corpo fisico e materiale, riferita alla
natura ed ai quattro elementi: aria (spade), acqua (coppe), terra
(denari), fuoco (bastoni).
La differenza fondamentale fra le due rappresentazioni, secondo me, è
costituita principalmente dalla contrapposizione fra la concezione
orientale dell'essere, immanente e assolutamente unitaria, e la
concezione occidentale di matrice ebraico-cristiana, separata in due
livelli gerarchici d'importanza, uno superiore ed uno inferiore, delle
quali due forme d'essere la prima è elemento causale, essenziale ed
archetipale, mentre la seconda costituisce unicamente una sua
rappresentazione contingente, fisica e materiale.
In questa rappresentazione della realtà, espressa dai Tarocchi,
secondo una concezione di separazione dell'essere fra trascendente ed
immanente posti su due diversi livelli gerarchici, il primo
costituente espressione di potenza e l'altro d'atto, la trasformazione
ed il divenire dell'essere stesso avviene secondo una separazione più
marcata, mentre nella rappresentazione orientale non si riesce a
scorgere una frattura evidente fra evoluzione della realtà ed
eventuale causalità dell'evoluzione stessa la quale, quand'anche
esistesse ed agisse autonomamente, resterebbe comunque immanente ed
implicita nel divenire dell'essere senza fuoriuscirne, senza
trascendere alcuna parte di esso.
La costruzione orientale, infatti, si fonda su una base unitaria di
partenza (il tratto unito) rappresentante il Tutto ed evolve in modo
naturale, scalare, molto semplice e lineare (come il linguaggio
binario dei computers); rappresenta il molteplice come espressione
stessa del Tutto il quale manifesta la sua presenza e la sua realtà
attraverso la sua capacità di mutamento e di divenire, espressione di
diretta e naturale attività della propria qualità d'unità originaria
da cui evolve, per mutamento, ogni altro elemento reale con un
meccanismo molto simile alla partenogenesi, ove l'originario rimane
compreso nella molteplicità che esso stesso ha originato, senza mai
trascenderla.
La rappresentazione della realtà nella costruzione occidentale dei
Tarocchi, invece, è duale già nella sua struttura superiore, dal
momento che la rappresentazione dell'Uomo e degli eventi
caratterizzanti la vita umana a livello superiore, espressa dagli
arcani maggiori, è duale; nella prima parte del percorso (dallo zero
al dieci) riporta l'azione dell'Uomo e gli eventi umani collegati alla
vita terrena ed al mondo fisico, mentre nella seconda parte
(dall'undici al ventuno) riporta l'azione spirituale dell'Uomo e gli
eventi collegati al suo cammino spirituale.
C'è anche chi sostiene che il nome "Tarocchi" provenga dalla
volgarizzazione del nome ebraico Tora (il libro della legge ebraica,
in quanto ad ogni arcano maggiore è associata una delle 22 lettere
dell'alfabeto ebraico) anagrammato in Taro, da cui proverrebbe appunto
il termine Tarocchi; dalla stessa radice si ricaverebbe anche il
termine Rota, con cui s'individuerebbe anche la circolarità della
rappresentazione degli eventi della Vita, circolarità espressa anche
dall'arcano mediano numero dieci...
Claudio Pipitone
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Autore di *Endogenesi*
http://www.claudiopipitone.it/endogenesi/